Dalla scorsa primavera il mondo delle professioni italiano è stato scosso dalla notizia che finalmente i professionisti possono aver accesso alle risorse messe a disposizione dell’Unione europea per le Pmi, sia attraverso i programmi a gestione diretta, sia attraverso la programmazione dei Fondi strutturali per il 2014/2020. La verità è che non esistono finanziamenti europei “a pioggia” per i liberi professionisti, bensì la possibilità di accesso alla progettualità dei programmi e dei fondi europei come beneficiari.
Il gruppo di lavoro europeo sulle libere professioni, previsto dal Piano d’azione per l’imprenditorialità 2020 dell’Ue, al quale ha partecipato il presidente Confprofessioni Gaetano Stella, ha lavorato con il commissario all’Industria Antonio Tajani, per definire le linee guida per le libere professioni di cui attendiamo la pubblicazione. A livello europeo si è quindi chiarito che le risorse destinate alle Pmi, per favorirne crescita, sviluppo, ricerca, innovazione e occupazione, devono poter essere fruite anche dai professionisti. E ciò non per una sterile equiparazione dei professionisti alle imprese, concetto inviso a sostanziose parti del professionismo italiano, ma per valorizzare le specificità delle professioni.
La nozione di impresa, coniata dai Trattati e dalla Corte di giustizia, è estremamente ampia e volutamente elastica, mentre la distinzione giuridica tra impresa e prestazione professionale è un distinguo tutto italiano che non trova corrispondenza nella legislazione di altri Stati né nel diritto europeo. Ebbene questa impostazione e la querelle che ne è seguita ha fatto sì che i professionisti italiani siano sempre rimasti estranei alle risorse di provenienza europea,e non solo.
In aprile Tajani ha scritto al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziono Delrio, che «i liberi professionisti possono essere beneficiari anche di fondi strutturali e spero quindi che l’Italia sappia riconoscere il loro ruolo nell’ambito della conclusione degli accordi di partenariato per il periodo finanziario 2014-2020».
Tuttavia, i professionisti non sono stati chiamati ai tavoli di partenariato, né nazionale né regionali per condividere e orientare la programmazione 2014/2020; la regolamentazione interna e datata sull’uso e la gestione dei Fondi strutturali non consentirebbe, secondo l’accezione comune data dalle autorità di gestione, una interpretazione che ampli l’ambito dei destinatari delle risorse per le Pmi limitandoli alle imprese regolate dall’articolo 2082 del Codice civile.
E così se il Governo non interverrà tempestivamente per dare disposizioni univoche i bandi continueranno a richiedere ai beneficiari l’iscrizione alla Camera di commercio che non è prevista per i liberi professionisti ed anzi per molti è addirittura vietata, escludendoli di fatto dai relativi benefici. Le società di professionisti, essendo comunque iscritte in una sezione speciale delle Cdc, non troverebbero ostacoli.
Il rischio è che sfumino i vantaggi sul fronte dell’accesso al credito e ai mercati, dell’innovazione tecnologica, l’accesso ai programmi comunitari come Easi, Cosme, Horizon 2020 o le risorse comunitarie alle quali i professionisti possono avere accesso allocate nell’Accordo di partenariato 2014/2020: nell’OT 3 (promuovere la competitività delle Pmi) 4.017.702.790 euro del Fesr; nell’OT8 (promuovere l’occupazione eccetera) 3.938.680.365 euro del Fse; nell’OT 10 ( investire nell’istruzione e formazione professionale) 854.217.726 euro del Fesr e 3.273.321.766 euro del Fse.
Se si considera che altrettanti importi devono essere allocati come cofinanziamento a livello nazionale e regionale si comprende che siamo di fronte a una sfida senza precedenti per il mondo dei professionisti che deve attrezzarsi per non rimanerne tagliato fuori.
Coordinatrice Desk europeo Confprofessioni
NORME E TRIBUTI 21 OTTOBRE 2014 Il Sole 24 Ore INTERVENTO Fondi Ue ai professionisti ancora solo sulla carta
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Data:
27 Ottobre 2014